Nella giornata in cui in tutto il mondo si è commemorato il 53° anniversario della morte del rivoluzionario Ernesto “Che” Guevara de la Serna, il governo golpista boliviano ha esaltato e rivendicato la sua morte, esprimendo messaggi violenti in riferimento a Cuba, Venezuela ed Argentina. Il funzionario del Ministero della Difesa, Fernando López Julio, dopo aver definito il guerrigliero argentino come un “terrorista”, ha minacciato “cubani, venezuelani, argentini o qualsiasi altro, i quali troveranno la morte se entreranno nel nostro territorio” 1 . Durante lo stesso atto è stato reso omaggio agli ex soldati fascisti, che all’epoca dei fatti facevano parte del plotone Army Ranger dell’esercito, preparato ed equipaggiato dal governo degli Stati Uniti, per attaccare i guerriglieri guidati da Guevara.

“Erano venuti ​​per imporre con le armi un modello politico ed economico”, ha aggiunto Lopez riferendosi ai combattenti guidati da Che Guevara, durante l’esperienza rivoluzionaria della Bolivia tra il 1966 e il 1967. Nel discorso, il militare boliviano, non ha attaccato solo il Che compiendo una grave operazione di revisionismo e rovescismo storico, ma ha attaccato anche chi oggi porta con sé l’eredità politica del Che tra cui Evo Morales, definendolo “un tiranno che il popolo ha cacciato e che mai più tornerà”, accusandolo di aver sostituito “l’orgoglio delle forze armate con la vergogna” per aver idee socialiste. Da parte sua, la presidente golpista autoproclamata, Jeanine Añez, intervenuta durante l’evento, ha affermato: “La lezione che noi boliviani abbiamo dato al mondo, con la sconfitta e la morte di Che Guevara in Bolivia, è che la dittatura comunista qui non ha spazio” – per poi twittare – “Il miglior tributo e la migliore riparazione ai boliviani caduti per fermare il Che e la sua invasione criminale e comunista, è costruire ora e tra tutti la libertà e la democrazia che tutta la Bolivia vuole”. In più, durante il suo discorso, ha reso omaggio agli ex-soldati che hanno ucciso Ernesto “Che” Guevara il 9 ottobre 1967 a La Higuera, per ordine del dittatore nazista René Barrientos, legato alla Central Intelligence Agency degli Stati Uniti.

Non è la prima volta che gli attuali golpisti boliviani si espongono così animatamente sulla figura di Che Guevara. A febbraio di quest’anno il governo golpista ha scarcerato un militare coinvolto nella morte di Ernesto “Che” Guevara, Gary Prado Salmon, colui che disse al “Che”: “Non si affanni capitano, è la fine. È finita”, poco prima che venisse ucciso in Bolivia dove era arrivato dopo la Rivoluzione Cubana, per combattere contro il generale Barrientos. Lo stesso Gary Prado Salmon ancora oggi diffonde revisionismo storico sul Che, rappresentandolo come “confuso” e che si trovasse in Bolivia senza aver alcun obiettivo, se non quello della futile guerriglia senza appoggio popolare. Ovviamente omette di aver collaborato con la Cia, la quale era sulle tracce di Guevara e che venne fatto prigioniero l’8 ottobre dall’esercito boliviano e dalla stessa Cia.