Sono passati due mesi dalla sparizione forzata di quattro attivisti della comunità garifuna di Triunfo de la Cruz, tra cui il presidente del patronato Alberth Snaider Centeno, e di una quinta persona.

Sia Centeno che Milton Martínez Álvarez, Suami Mejía García e Gerardo Róchez Cálix sono membri dell’Organizzazione fraterna nera honduregna (Ofraneh) e del Comitato per la difesa delle terre della comunità (triunfeñas). Junior Rafael Juárez Mejía, l’altra persona sequestrata e fatta sparire, è un vicino della comunità.

I cinque giovani sono stati prelevati con la forza dalle loro case da uomini armati che indossavano uniformi della Polizia militare e della Direzione investigativa (Dpi).

Dopo alcuni giorni, la Corte interamericana dei diritti umani (Corte IDH) ha chiesto allo Stato dell’Honduras di adottare “tutte le misure necessarie e appropriate” per determinare il luogo in cui si trovano i giovani attivisti.

Ha anche esortato a proteggere il diritto alla vita e all’integrità personale dei membri delle comunità di Triunfo de la Cruz e Punta Piedra, nonché a coordinare le misure di protezione con le persone beneficiate dalla risoluzione della corte.

La Corte interamericana ha infine ordinato alle autorità honduregne di presentare, entro e non oltre il 24 agosto, un rapporto completo e dettagliato sull’esecuzione delle disposizioni.

Da parte sua, il Comitato delle nazioni unite sulle sparizioni forzate ha chiesto allo Stato dell’Honduras “di stabilire una strategia globale che includa un piano d’azione per una ricerca esaustiva e immediata e per l’indagine imparziale sulla sparizione forzata”.

Due mesi dopo, non solo non sono stati fatti passi in avanti nella ricerca dei giovani leader comunitari, ma le risposte delle autorità honduregne alle richieste delle famiglie, della comunità di Triunfo de la Cruz e degli organismi nazionali e internazionali per i diritti umani sono state insufficienti e inadeguate.

Uno Stato indolente

«La risposta delle autorità è stata a dir poco ridicola. Hanno persino usato la pandemia come pretesto per evadere le loro responsabilità. Per questo motivo la Corte interamericana ha dato allo Stato un nuovo ultimatum (28 settembre), entro il quale dovrà fornire informazioni approfondite su ciò che sta facendo per individuare il luogo in cui si trovano i nostri compagni. Ha inoltre riaffermato l’urgenza di garantire la sicurezza dei membri delle comunità di Triunfo (de la Cruz) e Punta Piedra.

Siamo anche molto preoccupati per la decisione di mantenere la massima segretezza delle indagini e impedire la nostra partecipazione. Hanno fatto lo stesso quando hanno assassinato Berta (Cáceres). Ricordiamo molto bene come hanno cercato di manipolare le indagini, di alterare e occultare le prove, con l’obiettivo di proteggere gli autori intellettuali del crimine. Non vogliamo che succeda la stessa cosa con i nostri giovani», ha detto Miriam Miranda, coordinatrice di Ofraneh.

– Come stanno affrontando le comunità garifuna e le famiglie delle vittime di sparizione forzata questa dolorosa situazione?

– «Sia le comunità che le famiglie continuano a lottare e non hanno perso la speranza di rivedere i propri cari. Continuamo a esigere la loro riapparizione con vita e non abbiamo il minimo dubbio che questo nuovo crimine faccia parte di un piano genocida contro il popolo garifuna».

Persecuzione permanente

Sono almeno venti i membri di comunità garifuna assassinati l’anno scorso, molti dei quali impegnati nella difesa dei territori ancestrali e dei beni comuni.

Il popolo garifuna ha subito altri attacchi nel corso del 2020. Il 20 maggio è stato assassinato Edwin Fernández, membro di Ofraneh e responsabile della sorveglianza del cancello d’ingresso alla comunità di Río Tinto. Un mese dopo è stato ucciso il leader comunitario Antonio Bernárdez, originario di Punta Piedra.

Secondo Ofraneh, sia la sparizione forzata dei giovani, sia l’ondata di omicidi sarebbero legati al saccheggio dei territori ancestrali garifuna da parte del grande capitale nazionale e multinazionale, colluso con autorità pubbliche e politiche, e alla lotta intrapresa dalla comunità contro il modello estrattivista.

Rispettate la sentenza della Corte IDH!

È in questo contesto di aggressione permanente che l’organizzazione garífuna ha nuovamente chiesto il rispetto della sentenza emessa nel 2015 dalla Corte IDH a favore delle comunità di Triunfo de la Cruz e Punta Piedra.

In quell’occasione, i giudici ordinarono allo Stato dell’Honduras di demarcare le terre ancestrali per le quali sono stati concessi alle comunità la proprietà collettiva e il possesso pieno.

Buona parte di queste terre è stata usurpata negli anni da affaristi senza scrupoli, investitori nazionali e internazionali, gruppi di potere, con lo scopo di investire in megaprogetti turistici ed espandere la coltivazione della palma africana e di altre colture.

Cinque anni dopo, lo Stato continua a rifiutarsi di adempiere alla sentenza.

«Siamo convinti che dietro tutti questi attacchi ci siano gruppi e persone con un grande potere economico e politico. Vogliono buttarci fuori per impossessarsi delle nostre terre».

– Pensi che la scomparsa dei giovani leader comunitari sia il risultato della repressione generalizzata contro le comunità o che si tratta di un attacco selettivo?

– «Entrambe le cose. Vale a dire che fa parte del piano genocida di cui parlavo prima, ma che si tratta anche di un attacco diretto contro i giovani della comunità, che hanno assunto un ruolo guida nella difesa del territorio.

Snaider (Centeno) è un giovane molto motivato, che ha accettato di assumere la presidenza del patronato di Triunfo de la Cruz in un momento molto delicato per la comunità, e lo ha fatto esigendo pubblicamente il rispetto della sentenza della Corte interamericana, dei territori ancestrali e delle aree protette.

Su Bahía de Tela ci sono grandi interessi in gioco. Sono territori ambiti e la sentenza colpisce proprio questi interessi, penalizza persone potenti che intendono negare alle comunità ciò che corrisponde loro ancestralmente.

Non è inoltre un evento isolato, ma l’espressione di un modello accaparratore e distruttore. Guarda cosa sta succedendo in questi giorni a Islas de la Bahía, a Roatán, dove pretendono installare una Zona per l’occupazione e lo sviluppo economico (Zede/charter city) senza nemmeno consultare le comunità locali, che ora si stanno ribellando [1]. Guarda cosa succede nel sud del paese.

Non è facile, ma non smetteremo mai di lottare».

[1] https://contracorriente.red/2020/09/03/roatan-una-micro-nacion-a-la-venta/