Una vittoria di Pirro è una battaglia vinta a un prezzo troppo alto per il vincitore, tanto da far sì che la stessa scelta di scendere in battaglia, nonostante l’esito vittorioso, conduca alla sconfitta finale” (Wikipedia).
Mi sembra che sia questa la metafora più utile per interpretare il risultato del referendum costituzionale per il Movimento 5 Stelle.
Per qualche giorno canterà vittoria, per altro rivendicabile anche da quasi tutte le altre forze politiche schierate per il Sì, per la conferma della revisione costituzionale che riduce il numero dei parlamentari.
Peccato che alcuni esponenti della Lega abbiano già fatto notare che a questo punto l’attuale parlamento è stato delegittimato dal popolo, che vuole 400 deputati e 200 senatori.
Il taglio delle poltrone è stato chiesto per risparmiare e per rendere più efficiente il parlamento? Bene. Allora è doveroso che il M5S stacchi la spina all’attuale governo, in modo da andare al più presto ad elezioni anticipate e insediare il nuovo parlamento. Così il costo della politica verrà subito tagliato e avremo un parlamento più snello ed veloce.
Se i parlamentari del M5S non lo faranno, saranno accusati di essere attaccati alle poltrone, di essere la nuova casta, che per pura propaganda dichiara di usare le forbici, ma poi le ripone in un cassetto.
Insomma, il M5S si troverà di fronte ad un bivio: andare al voto, sapendo che molto probabilmente si ritroverà con un gruppo parlamentare falcidiato o proseguire la legislatura, subendo ogni giorno l’accusa di tradimento del voto referendario.
In ogni caso per il M5S sarà una sconfitta.
Dalla scelta del M5S dipenderà anche il proseguo del cammino delle altre riforme costituzionali, istituzionali ed elettorali. Ma queste meritano un’altra riflessione.