La sicurezza deve fondarsi su giustizia sociale e buona governance del nodo dei diritti umani. E’ questo, secondo Patrizia Sterpetti, presidente della Lega internazionale delle donne per la pace e la libertà Italia (Wilpf), il modo  migliore per prevenire una militarizzazione del comparto della difesa che, per l’appunto, “non e’ affatto garanzia di sicurezza”. Secondo Sterpetti, e’ necessario “spostare una grossa fetta della spesa dal capitolo militare a quello civile”.

L’attivista ne parla con l’agenzia Dire a margine di un incontro organizzato in Senato alla vigilia della Giornata internazionale per l’abolizione della armi nucleari delle Nazioni Unite, che sarà celebrata domani, 26 settembre. La Giornata potrebbe essere occasione per l’entrata in vigore del Trattato di proibizione delle armi nucleari adottato dall’Onu lo scorso 7 luglio. A oggi sono 45 i Paesi che hanno ratificato il Trattato e per l’entrata in vigore ne mancano cinque.

Sterpetti sottolinea il ruolo che possono avere le “associazione di donne per fare pressione affinché i governi firmino il documento”. A rafforzare il supporto che potrebbe avere l’attivismo femminile, evidenzia la presidente della Wilpf c’è anche “la risoluzione 1325 dell’Onu, che riconosce alla donna estrema capacità nella prevenzione e risoluzione nonviolenta dei conflitti”. Con “un’adeguata formazione”, premette l’attivista, le donne possono quindi “esercitare una grande influenza”.

A sottolineare all’agenzia Dire l’importanza della Giornata di domani è anche Alfonso Navarra, portavoce del progetto Disarmisti esigenti. L’attivista ricorda che la ricorrenza è  stata scelta dall’Onu per ricordare Stanislav Evgrafovic Petrov, un colonnello sovietico che il 26 settembre 1983 scongiurò una guerra nucleare per errore, svelando che quello su un attacco contro Mosca da parte degli Stati Uniti era solo un falso allarme. Da protocollo, evidenzia Navarra, la risposta sovietica sarebbero state 200 testate nucleari “di avvertimento” lanciate su obiettivi Usa. In poche parole, “la fine del mondo”.

Disarmisti esigenti è capofila di un’iniziativa che mira a spingere Comuni ed enti locali italiani a intitolare parchi,  giardini e biblioteche alla memoria del colonello.    “L’obiettivo – sottolinea Navarra – è sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto alla possibilità di una guerra
nucleare per errore”. Secondo gli attivisti che animano la campagna, il rischio è sempre maggiore a causa dell’utilizzo di nuove risorse tecnologiche come “il 5g e l’intelligenza artificiale”. “Il messaggio che passa – spiega l’attivista – è che si possano affidare alle tecnologie questioni che dovrebbero essere invece risolte sul piano sociale e, soprattutto, con il disarmo”.

Navarra lancia un appello alla politica italiana. “In questo momento si parla dell’ammodernamento delle testate nucleari ospitate dalle base Nato di Aviano, in Friuli Venezia Giulia, e a Ghedi, in Lombardia, nell’ambito della politica di cosiddetto “nuclear sharing'” dice l’esperto. “Per noi questi armamenti dovrebbero essere rispediti al mittente”. Una via, questa, che sarebbe praticabile. “Una buona fetta della politica italiana ha espresso la sua adesione ai principi della campagna Ican per la proibizione delle armi nucleari, premio Nobel per la pace nel 2017” sottolinea Navarra: “Che siano coerenti, ora”.