Lo sviluppo politico in atto a Minsk, le cui possibilità di estendersi e diffondersi in tutta l’ex repubblica sovietica della Bielorussia sembrano essere elevate, è sensibile e delicato. In qualità di osservatore ordinario proveniente da un villaggio rurale nascosto e remoto con una connessione inconsistente, lotto ogni giorno per capire cosa accadrà a Minsk. Le prime informazioni emerse sulla manifestazione dell’opposizione contro il presidente eletto Alexander Lukashenko sono state preoccupanti e strazianti poiché il paese ha mantenuto la stabilità politica ed economica in questi anni. Naturalmente, per quanto lo abbia personalmente ammirato per il suo coraggio, gli attuali sviluppi politici mi ricordano vividamente la Repubblica del Sudan in Nord Africa.

Geograficamente, la Bielorussia è un’ex repubblica sovietica senza sbocco sul mare nell’Europa orientale. Confina con Russia, Ucraina, Polonia e Lituania, mentre il Sudan è circondato da sette paesi e a nord-est si affaccia sul Mar Rosso. È il terzo paese più grande dell’Africa ed era il terzo più grande nel mondo arabo per superficie prima della secessione del Sud Sudan nel 2011. Come molti altri paesi dell’Europa orientale, la Bielorussia ha un tasso di crescita della popolazione e un tasso di crescita naturale negativo. La Bielorussia ha una popolazione di solo 9,4 milioni di abitanti, mentre quella del Sudan raggiunge i 43 milioni (entrambe stimate nel 2019 dall’ufficio delle Nazioni Unite responsabile degli studi sulla popolazione globale).

La Bielorussia è una repubblica presidenziale, governata da un presidente e dall’Assemblea nazionale. Il termine per ciascuna presidenza è di cinque anni. Secondo la costituzione del 1994, la presidenza poteva durare soltanto due mandati, ma un cambiamento nella costituzione nel 2004 ha eliminato i limiti di mandato. Lukashenko è il presidente della Bielorussia dal 1994.

Ma nel 1996 Lukashenko ha chiesto un controverso voto per estendere il mandato presidenziale da cinque a sette anni e, di conseguenza, le elezioni che avrebbero dovuto svolgersi nel 1999 sono state rinviate al 2001. Durante tutto il periodo, gruppi come l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OSCE) hanno dichiarato le elezioni “non libere” a causa degli scarsi risultati dei partiti di opposizione e del pregiudizio dei media a favore del governo.

Nel caso del Sudan, Omar Hassan Ahmad al-Bashir è salito al potere nel giugno 1989. Al-Bashir, al potere da più di 30 anni, ha rifiutato di dimettersi, determinando la convergenza di gruppi di opposizione per formare una coalizione. Secondo Human Rights Watch il governo ha reagito arrestando oltre 800 esponenti dell’opposizione e migliaia di manifestanti.

Molte persone sono morte perché Al-Bashir ha ordinato alle forze di sicurezza di disperdere i sit-in pacifici dei manifestanti utilizzando gas lacrimogeni e veri proiettili in quello che è noto come il massacro di Khartum, con conseguente sospensione del Sudan dall’Unione africana. Alla fine il Sudan è riuscito a liberarsi di Omar al-Bashir e ha aperto un nuovo capitolo politico con un nuovo Primo Ministro, Abdalla Hamdok, un economista di 61 anni che aveva lavorato in precedenza per la Commissione economica per l’Africa delle Nazioni Unite.

Ciò che rende interessante il confronto è che il presidente Alexander Lukashenko è indicato come l’ultimo dittatore politico in Europa. Un titolo simile è stato assegnato a Omar al-Bashir, come il sovrano e dittatore più longevo d’Africa. È significativo che l’occupazione di una posizione politica per lungo tempo debba necessariamente riflettersi sul livello di sviluppo e sulla vita della popolazione.

Le agitazioni politiche in Sudan erano collegate sia alla politica che all’economia. Il Sudan è ricco di risorse naturali, poiché dispone di riserve di petrolio. Nonostante ciò, il Sudan doveva ancora affrontare problemi economici importanti e la sua crescita migliora una situazione in cui il livello di produzione pro capite è ancora molto basso. Inoltre, la produzione agricola impiega l’80% della forza lavoro, costituendo il settore più importante del Sudan. A peggiorare la situazione sono le pratiche di produzione rudimentali. Non ci sono stati sforzi per modernizzare l’agricoltura per la popolazione in crescita. Nel 2018, il 45% della popolazione viveva con meno di 3,20 dollari al giorno, rispetto al 43% del 2010. La disoccupazione continua ad aumentare, mostrando un ovvio collegamento tra questioni politiche ed economiche.

Al contrario del Sudan, Lukashenko ha continuato una serie di politiche appartententi all’era sovietica, come la proprietà statale di ampi settori dell’economia, opponendosi alla terapia d’urto economica sostenuta dall’Occidente nella transizione post-sovietica. Oltre il 70% della popolazione bielorussa (di circa 9 milioni) risiede nelle aree urbane.

La forza lavoro è composta da più di sei milioni di persone, poco più della metà donne. Da alcune analisi è emerso che quasi un quarto della popolazione è impiegato in fabbriche industriali. L’occupazione è elevata nell’agricoltura, nelle vendite manifatturiere, nel commercio di beni e nell’istruzione. Secondo le statistiche del governo, il tasso di disoccupazione al 2010 era dell’1,5%.

Bisogna capire quali sono i vantaggi che il presidente Alexander Lukashenko ha a propria disposizione. Sebbene la situazione politica sia imprevedibile, la Bielorussia può fare affidamento sia sull’Unione eurasiatica che sull’accordo di Minsk (trattato Russia-Bielorussia) come strumenti a cui affidarsi nel tentativo di normalizzare la situazione.

La Bielorussia e la Russia sono stati stretti partner commerciali e alleati diplomatici sin dallo scioglimento dell’Unione Sovietica. La Bielorussia dipende dalla Russia per le importazioni di materie prime e per il suo mercato di esportazione. Tuttavia, il futuro dell’unione russo-bielorussa è stato messo in dubbio a causa dei ripetuti ritardi della Bielorussia nell’unione monetaria e della mancanza di una data per il referendum per il progetto costituzionale.

Il problema principale qui sono le relazioni della Bielorussia con diversi membri dell’Unione europea, comprese le vicine Lettonia, Lituania e Polonia. L’UE ha già minacciato di imporre sanzioni, come hanno fatto gli Stati Uniti in relazione alle elezioni del 9 agosto 2020. Le autorità hanno accusato i russi di provare a destabilizzare la situazione in Bielorussia in vista delle elezioni presidenziali. Migliaia di persone si sono mobilitate in tutta la Bielorussia, formando alcune delle più grandi proteste di opposizione del paese dello scorso decennio.

Svetlana Tikhanovskaya, che è emersa come la sua principale rivale, si è impegnata a rovesciare il suo regime e ripristinare la democrazia. Il presidente Alexander Lukashenko, che governa il paese dal 1994, ha dovuto affrontare un’opposizione democratica unita e determinata in quella che potrebbe essere la battaglia politica più dura della sua vita. Il malcontento, come sempre accade, ribolle da anni. In una sua dichiarazione, il segretario generale António Guterres ha sottolineato l’importanza per tutti i bielorussi di esercitare i propri diritti civili e politici.

Il 16 agosto, il presidente Vladimir Putin e Alexander Lukashenko hanno discusso riguardo alla situazione che si è sviluppata a seguito delle elezioni presidenziali in Bielorussia, anche tenendo conto delle pressioni esterne. La Russia ha ribadito la sua disponibilità a fornire l’assistenza necessaria per risolvere le sfide che la Bielorussia deve affrontare sulla base dei principi dell’Unione Statale della Russia e della Bielorussia, nonché attraverso l’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva, se necessario.

In realtà, il mondo sta osservando attentamente la situazione con la speranza di vedere cambiamenti evidenti in Bielorussia. Alcuni esperti suggeriscono un dialogo politico nazionale, alcuni sostengono che Lukashenko avrebbe dovuto prendere spunto dalle dimissinioni di Nursultan Nazarbayev, che dopo aver governato il Kazakistan dal 1991 al 2019 si è dimesso nel marzo 2019. Secondo un’altra scuola di pensiero, Lukashenko dovrebbe invece ascoltare il presidente Vladimir Putin e restare in carica.

Una stagnazione economica decennale e le prospettive di un’ulteriore integrazione economica con la Russia – vista da molti come una minaccia per la sovranità bielorussa – hanno indebolito l’immagine di Lukashenko come garante della stabilità. La Bielorussia ha avuto rapporti difficili con molti dei suoi vicini. Ci sono molte altre questioni che la Bielorussia e la Russia devono ancora risolvere per garantire la stabilità regionale nella Comunità di Stati indipendenti, o almeno, nell’Unione eurasiatica. Il tempo, infatti, mostrerà un’uscita pacifica dalla crisi e/o il futuro della Bielorussia.

 

Traduzione dall’inglese di Giuseppe Marchiello. Revisione di Ilaria Cuppone