Prima di entrare nel racconto del nostro caro amico Padre Salvatore Marrone, da anni impegnato nell’alfabetizzazione e nella vicinanza agli ultimi e dimenticati del Sudan, è utile fare un riassunto delle vicende che hanno interessato questo paese fino ad oggi.

La popolazione del Sudan ha una lunga e gloriosa storia fin dall’antichità, che si intreccia con la storia dell’Egitto. Regno della Nubia, se non vado errata. Ovviamente a noi è noto solo ciò che succede dopo la conquista coloniale, a meno di non leggere gli articoli scritti da Valentin Mufila e intitolati “Africa, una storia da riscoprire”, pubblicati negli anni scorsi da Pressenza.

Detto ciò:

Dal 1955 al 1972 il Sudan ha sofferto diciassette anni di guerra civile, seguita dal 1983 al 1998 da una guerra civile tra il governo centrale e il Movimento di Liberazione del Popolo Sudanese del Sudan del sud.

Nel 1989. a causa delle continue lotte politiche e militari, il Sudan ha vissuto un cruento colpo di stato ad opera del colonnello Omar al-Bashir, che si è proclamato presidente, dando inizio ad una lunga dittatura di matrice islamica.

La sanguinosa guerra civile si è conclusa con la firma di un accordo globale di pace che ha concesso l’autonomia a quella che allora era la regione meridionale del paese.

A seguito di un referendum del gennaio 2011, il 9 luglio 2011 il Sud Sudan si è separato con il consenso del Sudan, il che ha portato a giacimenti di petrolio nel verdeggiante e fertile Sud Sudan senza sbocchi sul mare e oleodotti in Sudan arido, ma con sbocco sul mare.

Gli anni di dittatura si fanno sentire, il paese è sempre più indebitato, il regime islamico appoggia il terrorismo e spoglia il paese di tutte le sue risorse. Alla fine del 2018 non si trovano più i beni di prima necessità: non c’è più il pane. E’ l’inizio delle manifestazioni a cui partecipa tutta la popolazione, dall’avvocato all’operaio chiedendo un cambio di governo.

Le manifestazioni sono continue e pacifiche e si protraggono fino all’inizio di giugno del 2019. Fino a questo punto l’esercito protegge la popolazione prendendo le distanze dal dittatore sempre più isolato, ma qui qualcosa cambia: al-Bashir assolda miliziani mercenari, sempre sudanesi ma finanziati sia dall’Arabia Saudita per combattere nello Yemen che dall’UE per controllare il flusso di migranti in Libia. Parliamo di 120.000 miliziani addestrati alla guerra e solo a quella, fedeli al miglior offerente. L’esercito regolare si ritira.

Il 4 giugno la manifestazione pacifica finisce nel sangue per opera dei miliziani che sparano sulla popolazione. E’ un massacro. Il bilancio è tragico ed è stimato in 300 morti e più di 700 feriti. Tutto questo porta però a un cambiamento nella politica interna. I miliziani sentono che al Bachir non è più l’uomo al potere e desistono, anche se non completamente.

Il 17 luglio 2019, a fronte delle massicce proteste popolari che chiedevano le dimissioni di al-Bashir, l’esercito sudanese destituisce il presidente tramite un colpo di Stato, assumendo transitoriamente il controllo del paese. A seguito di un accordo tra le forze di protesta e i militari viene istituito un Consiglio sovrano composto da civili e militari, che governerà il paese durante la transizione democratica fino al 2022, quando si terranno le elezioni.

Abiy Ahmed (Premio Nobel per la Pace 2019) ha avuto un ruolo chiave nelle trattative. L’accordo raggiunto è solo l’inizio di un pacifico percorso verso un Sudan democratico.

Negli ultimi mesi si è intensificata la collaborazione tra Sudan e Sud Sudan e questo è un altro buon segnale, ma resta ancora molto da fare.

Per poter ricevere aiuti dalla comunità internazionale il Sudan deve uscire da due liste nere:

  • Paesi senza libertà religiosa. E questa è fatta, il regime islamico è caduto.
  • Paesi che finanziano il terrorismo. Le alleanze sono cambiate, ma ad oggi il paese non è ancora fuori da questa lista.

La crisi economica implora aiuti che non arrivano: i paesi occidentali non sanno come aiutare un governo provvisorio e propongono il finanziamento di progetti, il FMI impone regole affinché il paese diminuisca i sussidi. L’Arabia Saudita finanzia … con armi. Il problema attuale della popolazione rimane quello alimentare, manca cibo, altro che progetti o sussidi o altro! Questo crea malcontento, di più, disperazione e il rischio di colpi di stato con la prospettiva di una nuova dittatura.

Ed è a questo punto che appare la missione di padre Salvatore. Un po’ di luce, un respiro, la bellezza della terra d’Africa e della sua gente fiera e coraggiosa. Si può ricominciare, si possono riaprire le scuole e questa volta alla luce del sole, senza paura.

Per la Chiesa, per i preti, per le comunità religiose presenti nel paese la priorità è ed è sempre stata una: il futuro dei giovani. Anche durante le fasi più difficili l’intento è stato quello di tenere aperte le scuole, almeno nei momenti di relativa tranquillità.

Il governo attuale chiede alla comunità di padre Salvatore di rilevare una scuola fatiscente alla periferia della capitale Khartum, che viene ristrutturata e purtroppo ben presto distrutta dall’alluvione del novembre scorso, la più forte degli ultimi 60 anni. Con l’aiuto della gente viene ricostruita in 3 settimane! 600 tra bambini e ragazzi tornano a scuola.

E’ una scuola inter-religiosa in cui ad ogni credo è riservato il suo momento di preghiera, nel rispetto della scelta di ciascuno. Il governo sta cercando di costruire una rete idrica che le permetta l’accesso all’acqua. I segnali sono buoni. Anche molti adulti, spesso mamme e papà degli studenti, si avvicinano alla scuola comprendendo l’importanza dell’alfabetizzazione e della formazione professionale e universitaria.

La mole di lavoro è enorme, ma si moltiplicano collaboratori volontari e catechisti. A nessuno viene chiesto di diventare cristiano. Lo scopo è fornire strumenti per restare nel proprio paese. Un fatto è sempre stato chiaro a padre Salvatore e ai suoi collaboratori: nessun sudanese desidera andarsene. Sono morti per il loro paese e desiderano restare. Lo testimonia l’aumento delle coppie: chi si sposa non vuole allontanarsi dal Sudan, loro sono il futuro.

Grazie padre Salvatore!

Come Gim Terre di Lago ci stiamo impegnando a sostenere insegnanti, tanto preziosi in queste circostanze, con un costo annuo di € 250. A un paese in queste condizioni serve ben altro, ma è comunque un inizio.

Occorre però qualcosa di più: per cominciare la presa di coscienza da parte di tutti che questo paese è più vicino alla nostra quotidianità di quanto si possa immaginare.

  • Alleanze improponibili che regolano i flussi di migranti.
  • Interessi sovranazionali per l’accaparramento di fonti fossili che dovrebbero semplicemente essere abbandonate, tanto che Madre Terra non sa più come fare per farcelo capire.
  • Popoli costretti alla fame pur di garantire il gioco a scacchi dei produttori di armi.

Un popolo che muore per il proprio paese poi non lo vuole lasciare; facciamo in modo che la fame non lo spinga nell’angolo cieco di una scelta che non piace a nessuno.

Anche le nostre scelte faranno la differenza.

Siamo vicini, siamo parte l’uno dell’altro.