Aspettando il picco del virus covid-19 che sta squassando l’Europa e il resto del mondo, possiamo fare alcune considerazioni e lanciare un allarme.È evidente a tutti che i passati tagli alla sanità, e non solo, stanno esplodendo nella loro evidente contraddizione. Questo avviene nel momento di massimo bisogno. Detto con altre parole, quando è troppo tardi.

Fa anche un po’ ridere, ma graffia, vedere parlamentari appartenenti a governi passati e presenti, sia di destra che di sinistra, all’improvviso essere folgorati sulla via di Damasco dal ritorno a politiche keynesiane.

Questi soggetti, dopo aver tagliato tutto il tagliabile ed aver inneggiato all’inutilità dell’intervento statale, adesso si sbracciano perché lo Stato intervenga urgentemente per assumere medici e infermieri, comprare attrezzature sanitarie e salvare più cittadini possibile. Come se si potesse realizzare tutto questo in tempi brevissimi e senza una pianificazione degna di questo nome.In pratica stiamo mettendo un’enorme pezza sull’austerity, applicata con tanta perseveranza dalla quasi totalità delle forze politiche che si sono alternate al governo; austerity di cui oggi paghiamo il costo in termini di vite umane, tanto quelle degli operatori sanitari in prima linea quanto quelle dei pazienti persi. Scelte politiche scellerate di cui oggi scontiamo le conseguenze.

Non meno pesante è l’aspetto economico di questa gravissima emergenza sanitaria, alla quale si è aggiunto il blocco parziale di interi settori lavorativi. Di fatto si sta creando una bomba ad orologeria, perché la gestione della sospensione delle attività produttive risulta scarsa nei mezzi economici, rischiando così di scaricare sulle fasce sociali più impoverite i costi della crisi.
Basta pensare che sul decreto appena emanato dal governo, a voler tacere d’altro, coloro che erano già disoccupati non sono neanche menzionati. Per non parlare dei 600€ mensili una tantum (ma la cifra potrebbe essere rivista al ribasso) che nelle intenzioni del governo dovrebbero essere erogati indistintamente ad ogni partita IVA; senza neanche guardare il fatturato e quindi alla necessità di spesa per evitare che l’attività in questione fallisca. In soldoni, i 25 miliardi emanati da questo decreto sono assolutamente insufficienti a coprire tutti i costi del blocco delle attività.

Se non si interviene efficacemente si produrrà fallimenti a catena ed un impoverimento generale, con una disoccupazione di massa che porterà nei prossimi mesi a veri e propri disordini sociali. E questa è l’altra urgenza da affrontare, adesso. Serve un’immissione di liquidità della Banca Centrale Europea, necessaria per affrontare le necessità e senza condizionalità di sorta.

Da poco è stata annunciata l’emissione, sotto la pressione dell’esplosione dello spread (soprattutto quello francese), dei primi 700 miliardi di euro da parte della BCE, anche se non ne sono ancora chiare le modalità. Ma questa cifra sarà sicuramente insufficiente, almeno per i paesi del Sud Europa, con l’Italia in testa a tutti. Servono almeno 3.000 miliardi di euro per l’intera Unione, o forse più.

C’è anche da dire che la Germania si è smarcata unilateralmente perché le è possibile, tramite un artificio contabile, immettere liquidità direttamente nel suo sistema produttivo a tasso zero, attraverso l’equivalente italiano della Cassa Depositi e Prestiti; lo prevedono le sue leggi nazionali (da notare che, come al solito, le regole valgono per gli altri partner ma non lo stato tedesco). Quindi, unilateralmente, la Germania immetterà nel proprio sistema produttivo la cifra di 500 miliardi di euro o probabilmente anche di più, a seconda delle necessità contingenti.

L’Italia, invece, non è nelle stesse condizioni: sia perché il suo spread non è uguale a zero, sia per i vincoli esterni, nonché per la mancanza assoluta di volontà politica del governo attuale; tutti fattori che impediscono di immettere unilateralmente moneta nel tessuto produttivo italiano. Questa scelta è vista come un vero e proprio tabù.

Scorrettamente, nella comunicazione governativa e di alcuni politici ed economisti faziosi, viene anche ventilata la possibilità di ricorrere in maniera indolore e senza clausole al cosiddetto fondo salva-stati, denominato MES.

Il Partito Umanista italiano rifiuta di credere alla favola che tale ricorso avverrebbe senza condizioni.

Temiamo a ragion veduta e rinforzata dal parere di illustri giuristi ed economisti, che una volta accettato il MES verrebbero imposti sacrifici  di tipo “lacrime sangue” al popolo del nostro paese. Alla stregua di quello che è successo in Grecia negli ultimi anni, tramite i famosi memorandum.

Una macelleria sociale che verrà prontamente giustificata dalle istituzioni tecnocratiche ed ammantata di dovere sociale da “colpa del debito”. Un debito che mai sarà estinguibile, ma che condizionerà irreversibilmente la vita dei cittadini. Si prospetterebbero tagli alle pensioni, prelievi forzosi sui conti correnti, tasse patrimoniali elevate ed altre ipotesi predatorie.

Alla luce di quanto spiegato si capisce perché il Partito Umanista italiano chieda con forza che la BCE stampi tutti i soldi necessari ad affrontare la crisi economica e li immetta direttamente nel circuito economico in deroga allo statuto attuale, finanziando il deficit senza ricorrere a nient’altro che la banca centrale stessa. Questo è possibile, ragionevole e doveroso.