Sono circa 450.000 in Italia i minorenni in carico ai servizi sociali di cui 91.000 a causa di maltrattamenti [1]1.260.000 vivono in condizioni di povertà assoluta[2]. Impossibile quantificare quanti vivono inoltre in situazioni di disagio sommerse o invisibili.

Ci sono bambini e bambine, ragazzi e ragazze che vivono situazioni di forte vulnerabilità, condizioni di povertà economica, sociale ed educativa.

Travolti dalla paura, vittime di violenza in famiglia, che vivono in condizioni di degrado, maltrattamento e abuso grave, impossibilitati a chiedere aiuto.

Ragazzi e bambini che vivono questa grave e pervasiva esperienza traumatica senza alcun genitore in grado di spiegare loro cosa stia succedendo, o che vivono senza vie di fuga in situazioni di violenza fisica e psicologica perpetrata contro loro e le loro madri.

Ragazzi per i quali stare a casa, senza andare a scuola per tanto tempo, senza contatti sociali e – dunque – senza essere adeguatamente supportati a livello emotivo, educativo e didattico – genera o riattiva le esperienze di rifiuto, abbandono, pericolo, emarginazione, già vissute in altre situazioni.

Ragazzi e bambini, tutti, che hanno inalienabili diritti sanciti dall’Onu che sono compressi – come quelli di tutti in questa situazione di crisi – ma che dipendono anche da come gli adulti intorno a loro agiscono, pensano e attuano le norme, reagiscono alle emergenze.

In questa fase è praticamente impossibile attivare le necessarie segnalazioni alle autorità giudiziarie competenti (Procure e Tribunali per i minorenni) e i conseguenti interventi di protezione, secondo le indicazioni previste dalla legge 184/1983 e s.m. quali aiuti alle famiglie di origine, affidamenti familiari, inserimenti in comunità, adozione.

Ci sono inoltre molti minorenni, non allontanati dalle famiglie, ma che vivono in situazioni familiari a rischio (di povertà educativa, maltrattamento e incuria) per i quali erano stati attivati interventi di supporto educativo (inserimento in centri semiresidenziali, diurni, educativa territoriale e domiciliare). A causa dell’emergenza sanitaria quasi tutti questi servizi non residenziali sono stati sospesi con gravi ripercussioni sulla loro tutela.

Solo in alcuni casi – e grazie all’impegno degli operatori e delle organizzazioni coinvolte – sono stati mantenuti contatti e sostegni da remoto.

Segnaliamo infine la situazione di molti giovani care leaver, ragazzi neomaggiorenni cresciuti in comunità o in affido. Molti di loro oggi vivono soli o sono rientrati nelle famiglie di origine. Alcuni tra loro vivono altrettante situazioni di rischio perché privati dell’aiuto necessario.

Chiediamo pertanto misure urgenti per andare incontro alle esigenze di protezione e per assicurare i diritti di tutti i bambini e i ragazzi, mettendo nelle condizioni i servizi sociali, scolastici, educativi, formativi e di altro genere di poter intervenire – con strumenti appropriati e con il coinvolgimento ove necessario della magistratura minorile – in tutte le situazioni di rischio sopra elencate e in tutte quelle legate ai diritti dei minorenni (tutela, protezione, istruzione, gioco, socialità, partecipazione, informazione adeguata, etc.).

Le organizzazioni proponenti chiedono vengano attuate le seguenti misure:

  • costituire task force locali tra scuola, autorità giudiziarie minorili, servizi sociali, sanitari e terzo settore (comprese le associazioni familiari), accreditati e collegati ai soggetti decisori locali/regionali, per segnalare e   per intervenire subito sulle situazioni più fragili e a rischio con interventi di sollievo (dispositivi per collegamento a distanza, tablet o pc, giochi, materiale di cartoleria, spesa alimentare, vestiti, ecc.), nonché monitoraggi quotidiani da parte di personale competente e, in generale, tutte le iniziative applicabili nell’ambito delle misure emergenziali per favorire l’esercizio massimo dei diritti di tutti i bambini e i ragazzi;
  • realizzare i necessari interventi urgenti di tutela attivati anche in attuazione a provvedimenti dei Giudici minorili, per mettere in protezione le vittime (se necessario anche tramite art. 403 c.c.) assicurando il rispetto delle norme sanitarie per le realtà di accoglienza;
  • creare gruppi di informazione e sostegno psicologico per insegnanti che devono curare in questa fase ancora di più non solo gli aspetti didattici ma anche quelli relazionali facendo sentire a questi bambini e bambine che continuano a essere pensati, che c’è un adulto di riferimento. Lo stesso dovrebbe essere realizzato anche nei confronti dei piccoli della fascia 0-5 anni con il supporto dei consultori pediatrici e delle altre strutture territoriali come scuole dell’infanzia e ludoteche;
  • sensibilizzare le forze dell’ordine a dare tempestivo riscontro alle chiamate di aiuto che possono ricevere rispetto a situazioni di violenza familiare;
  • individuare una figura istituzionale che coordini tale task force, definendone funzione, qualifica e ambito di competenza.

Per quanto riguarda il lavoro degli operatori coinvolti nei servizi residenziali[3] si ritiene necessario fornire supporto sanitario e per intervenire nelle situazioni più delicate (affidatari, case-famiglia, comunità educative, comunità genitori-bambini, centri antiviolenza, case rifugio) nei confronti di bambini, ragazzi e donne accolte, per trattare i temi di questo trauma così pervasivo che stiamo vivendo, anche attraverso consulenza psicologica ed educativa e progettazione di attività non solo di intrattenimento.

Infine, per le organizzazioni occorre connettere le misure per salvaguardare i soggetti del terzo settore, come la cassa integrazione e altre forme di sostegno economico. Il settore sociale e sociosanitario in questo momento sta garantendo la tenuta territoriale e la mediazione sociale attraverso la continuazione delle attività, il rischio è di far collassare l’intero sistema pubblico e del privato sociale che gestisce i servizi essenziali per la tutela dei bambini, dei ragazzi, delle famiglie nel nostro Paese.

Le associazioni promotrici trasmetteranno queste richieste alle istituzioni competenti e avvieranno nei prossimi giorni una petizione online che persone singole e organizzazioni potranno sottoscrivere.

Primi firmatari

Agevolando

Artemisia (Firenze)

Anfaa – Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

Arciragazzi nazionale

Care Leavers Network Italia

Centro educativo diocesano Regina Pacis (Napoli)

Cismai – Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia

Cnca – Coordinamento nazionale comunità di accoglienza

Cncm – Coordinamento nazionale comunità per minori

Fondazione Domus De Luna (Cagliari)

Kayros (Vimodrone)

L’Orsa Maggiore (Napoli)

Mcf Mondo comunità e famiglia (Milano)

Progetto Famiglia

SOS Villaggi dei Bambini

Istituto Don Calabria

Terra dei piccoli (Roma)

Anna Ancona, psicoterapeuta e psicoanalista Spi (Ferrara)

Maria Apuzzo, psicologa e psicoterapeuta (Napoli)

Valerio Belotti, Università di Padova

Teresa Bertotti, Università di Trento

Donata Bianchi, consigliera comunale Firenze

Paolo Bianchini, Università degli studi di Torino

Elena Buccoliero, Movimento Nonviolento (Ferrara)

Annamaria Campanini, presidente International Association of Schools of Social Work (Iasww) e Università Bicocca (Milano)

Simona Cappella, assistente sociale (Napoli)

Maria Caiazzo, assistente sociale (Napoli)

Silvia Chieco, medico, Destinazione minori onlus (Roma)

Francesca Corradini, assistente sociale (Napoli)

Domenico Costantino, direttore del consultorio di Napoli dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori (Napoli)

Maria Dalterio, assistente sociale (Napoli)

Marilena Dellavalle, Università di Torino

Francesca Falcone, Università della Calabria

Silvia Fargion, Università di Trento

Valentina Fedele, Università della Calabria

Carmen Festa, psicologa (Caserta e Benevento)

Franca Garreffa, Università della Calabria

Loredana Gaudio, psicologa (Napoli)

Marianna Giordano, assistente sociale (Napoli)

Marco Giordano, Università di Napoli Federico II

Maria Giovanelli, psicologa psicoterapeuta (Moncalieri)

Mariano Iavarone, assistente sociale (Napoli)

Joëlle Long, Università di Torino

Diletta Mauri, Università di Trento

Giulia Moretto, Università di Trento

Don Gennaro Pagano, direttore Centro Regina Pacis (Napoli)

Rita Palomby, psicologa (Napoli)

Luisa Pandolfi, Università di Sassari

Paola Ricchiardi, Università di Torino

Francesca Ruozi, assistente sociale (Trento)

Mara Sanfelici, Università di Parma

Annamaria Scapicchio, psicologa (Napoli)

Antonia Chiara Scardicchio, ricercatrice in pedagogia

Emanuela Torre, Università di Torino

Patrizia Vannini, Funzionario socio-culturale (Poggibonsi)


[1] Indagine nazionale sul maltrattamento dei bambini e degli adolescenti in Italia a cura di Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Terres des Hommes, Cismai – 2015

[2] Le statistiche Istat sulla povertà – 2018

[3] Ministero del lavoro e delle politiche sociali: sono circa 12.000 minorenni in comunità e circa 14.000 in affido familiare (2016)