I politici di tutta Europa hanno rapidamente sfruttato l’epidemia per accumulare sospetti sui più emarginati.

Quando affronto il discorso della “crisi dei rifugiati” in Europa, spesso inizio mostrando una fotografia di una nave di soccorso che attracca nel porto di Augusta in Sicilia (2015).

Nella foto si può vedere una ragazza di origine africana o mediorientale che guarda interrogativamente un funzionario europeo coperto dalla testa ai piedi con indumenti protettivi bianchi, con maschera e occhiali. “Chi”, mi piacebbe chiedere al pubblico, è la minaccia per chi?”.

Ora che il coronavirus è arrivato in Europa e che i nazionalisti di destra si affrettano a trovare il capro espiatorio, questa domanda ha una rinnovata urgenza. In Italia il leader dell’opposizione di estrema destra, Matteo Salvini, ha condotto un attacco al governo per aver permesso a una nave che trasportava 276 persone dall’Africa, che erano state salvate nel Mediterraneo, di attraccare in Sicilia.

Sebbene l’Europa superi di gran lunga l’Africa in termini di confermati casi di coronavirus finora, Salvini ha descritto questo atto di umanità come motivo per le dimissioni del primo ministro italiano, Giuseppe Conte, accusandolo di non essere in grado di “difendere l’Italia e gli italiani”. I migranti soccorsi nel mediterraneo stanno sbarcando in Italia da molti anni; questo non ha mai portato a gravi focolai di malattie tra gli italiani, anche se molti migranti sono morti in mare a causa della mancanza di volontà di salvarli.

Il governo nazionalista neo-democratico della Grecia, nel frattempo, ha citato il rischio di infezione da coronavirus come motivo per proseguire con il suo controverso piano di costruzione di campi “chiusi” – centri di detenzione, in altre parole – per richiedenti asilo intrappolati dalle politiche europee sulle isole del Mar Egeo di Lesbo e Chio.

La situazione – un monumento alle carenze di ”risposta umanitaria più costosa della storia” – è stata a lungo una minaccia per la salute: la salute fisica e psicologica delle persone intrappolate in condizioni di vita sovraffollate e inadatte. Un rapporto del Washington Post di questa settimana afferma che i pasti per gli abitanti di questi campi non soddisfano il fabbisogno calorico minimo.

In Francia, Marine Le Pen ha utilizzato la diffusione del coronavirus per effettuare una rinnovato appello per la chiusura delle frontiere tra Francia e l’Italia, sospendendo l’accordo di Schengen sulle frontiere aperte.

Anche i leader di estrema destra in Germania e Spagna hanno proposto queste misure restrittive. Ciò è in contrasto con l’attuale consiglio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità su come contenere la diffusione del virus, ma per questi politici il controllo delle malattie è solo l’ultimo motivo per attaccare la libertà di movimento, insieme al terrorismo e al movimento dei richiedenti asilo.

È essenziale sottolineare le tesi razziste che portano all’individuazione di gruppi etnici e categorie di immigrati per lo scoppio della malattia. Come abbiamo già visto, l’origine del nuovo focolaio di coronavirus a Wuhan ha infiammato i pregiudizi anti-cinesi in diverse parti del mondo. Ma potrebbe non fermarsi qui. Quando i nazionalisti iniziano a parlare di malattie, stanno giocando un gioco particolarmente infido. Come scrisse l’antropologa Mary Douglas nel suo studio di riferimento Purezza e pericolo, le società umane spesso rafforzano l’identità del gruppo attraverso tabù sulla igiene personale e sull’inquinamento. Nella sua definizione, la sporcizia è qualcosa che una comunità considera “materia fuori posto”. Nell’immaginazione nazionalista, le persone “fuori posto” – migranti, minoranze religiose ed etniche, gruppi sociali emarginati – sono spesso definite come una malattia inquinante. Ciò porta a un incremento esponenziale del razzismo.

In Italia, che ha finora il maggior numero di casi di coronavirus in Europa, il disagio pubblico sta diventando panico, alimentato da affermazioni stravaganti nei media tradizionali e online. “Il governo sta aiutando la diffusione del virus”, ha pubblicato un recente titolo nel quotidiano di destra Libero. “Per Conte e i suoi scienziati, il razzismo [diretto alle persone di origine dell’Asia orientale] è “la malattia”, non il coronavirus.” Altri media hanno dichiarato “caccia” al “paziente zero”, il primo a portare il virus nel paese. Ciò coincide con un’atmosfera più ampia in cui le élite diffidenti e le teorie su una possibile cospirazione stanno aumentando.

L’Italia è sola da questo punto di vista. Le condizioni che forniscono terreno fertile per il populismo di destra sono anche quelle in cui si potrebbe svilupparsi un violento contraccolpo alla diffusione della malattia.

Una risposta ufficiale mal riuscita al nuovo coronavirus non solo minaccerà la nostra salute, ma rischia anche di infiammare le paure pubbliche. Quando i politici subiranno pressioni per i loro fallimenti – ad esempio Donald Trump ha licenziato l’intera catena di responsabili della risposta alla pandemia nel 2018 – saranno tentati di cercare altre persone da incolpare. Questa settimana, il conduttore della Fox News, Tucker Carlson, ha affermato che la “marcia per la giustizia sociale e per la giustizia razziale” ha contribuito a diffondere il virus. “Ti lascerebbero morire piuttosto che ammettere che la diversità non è la nostra forza”.

Contrastare efficacemente questa retorica nazionalista richiederà qualcosa di più della semplice condanna.  La risposta alle epidemie deve essere guidata da esperti di sanità pubblica, ma è anche importante cercare di rendere i nostri sistemi di assistenza sociale più resistenti nel lungo periodo e aumentare la fiducia delle persone nei loro confronti.

Quando penso ad Augusta, in Sicilia, che ho visitato spesso nel corso della mia carriera di giornalista, non penso solo alla foto. Penso a quando vidi una folla di persone che ricevevano medicinali da uno stand della Croce Rossa. Non erano rifugiati; erano italiani che erano stati esclusi dalle cure sanitarie dalla povertà. Se permettiamo ai politici di mettere questi gruppi l’uno contro l’altro, perderemo tutto.

Daniel Trilling – The Guardian

* Daniel Trilling è l’autore di Lights in the Distance: Exile and Refuge at the Borders of Europe e Bloody Nasty People: the Rise of the British Right

 

Traduzione dall’inglese di  Michele Giammarini

L’articolo originale può essere letto qui