L’unica risposta possibile per far fronte alla gravissima crisi economica provocata dalla pandemia del Covid-19 è l’immissione di ingenti somme di denaro nell’economia; su questo punto tutti i governi concordano e finanche la Banca Centrale Europea si è dovuta piegare a questa necessità.

Ma c’è modo e modo di immettere denaro nel circuito economico.

Si può ricorrere al MES, cioè ricevere denaro dal Fondo Salva-Stati (a certe condizioni) e aumentare così il debito pubblico, pertanto venire declassati dalle agenzie di rating, veder crescere lo spread e quindi gli interessi sul debito, che a sua volta aumenterebbe ulteriormente. Questo condurrebbe a un tale squilibrio tra debito e PIL da rendere difficile la restituzione della somma ricevuta e il rispetto delle condizioni accettate all’origine del prestito, condannando il paese a svendere il patrimonio pubblico e a realizzare riforme che distruggerebbero ciò che resta dello stato sociale, come è avvenuto in Grecia.

Questa è la soluzione più sciagurata, da scongiurare ad ogni costo.

Nel caso dell’annunciata decisione della BCE di emettere 750 miliardi di euro, bisogna fare attenzione al modo in cui questi soldi saranno emessi e distribuiti. Se saranno dati alle banche per favorire l’accesso al credito, si tradurranno in un indebitamento della popolazione. L’imprenditore, la partita IVA, il negoziante, l’agenzia di viaggi, insomma chiunque abbia subito un danno economico dalla crisi sanitaria, riceverà un aiuto affinché possa indebitarsi.

In questo frangente drammatico è inverosimile che le misure messe in campo a sostegno dell’economia finiscano per essere un regalo alle banche e agli speculatori e provochino un ulteriore danno all’economia reale, già tanto compromessa dalla crisi che stiamo vivendo.

La BCE dovrebbe stampare tutti i soldi necessari ad affrontare l’emergenza (ben più di 750 miliardi), acquistando direttamente i Titoli di Stato senza conteggiarli come debito pubblico effettivo, ovvero “monetizzandoli” (cosa vietata dal suo statuto) e immettere il denaro direttamente nel circuito economico anziché darlo alle banche (altra cosa vietata), svolgendo quindi il ruolo di un’autentica Banca Centrale, che purtroppo non è.

Il denaro, anziché alle banche, dovrebbe arrivare agli Stati ed essere distribuito direttamente ai cittadini, “a pioggia”, secondo il modello chiamato “helicopter money”, previsto dalla stessa dottrina neoliberista come forma di sostegno all’economia, da applicarsi una tantum, in casi di particolare necessità. Il termine evoca, appunto, un elicottero che lancia banconote dal cielo a beneficio della generalità della popolazione.

Come scrive l’economista dell’università di Pavia Andrea Fumagalli: “ Bisogna definire un nuovo canale di trasmissione della liquidità, con la mediazione dei governi, finanziando un sostegno al reddito di base incondizionato che vada direttamente alle persone in maniera strutturale. In Italia lo si può fare immediatamente riformando l’attuale «reddito di cittadinanza» in senso più universalistico e meno vincolante. È quello che il governo di Hong Kong sta facendo in questi giorni. Lo stesso Trump sembra avviato in questa direzione”.

Per operare in questo senso la BCE dovrebbe essere riformata profondamente, cosa auspicabile, ma che non può certo avvenire nel breve periodo.

Pertanto sarà necessario che l’Italia, per fronteggiare la crisi, disponga immediatamente di altro denaro, senza chiedere il permesso alla UE e senza indebitarsi ulteriormente. Questo si può realizzare attraverso l’emissione di una moneta di Stato, una moneta non a debito; denaro stampato e immesso direttamente nel circuito economico a firma del Ministero del Tesoro, che circolerebbe solo in Italia e non sarebbe convertibile in euro, con il quale si potrebbero finanziare moltissime voci della spesa pubblica. Una moneta sovrana siffatta non è vietata, non contravviene all’articolo 128 del Trattato di Lisbona e, come afferma il noto economista Nino Galloni, che da tempo sostiene l’opportunità di emettere questo tipo di “stato-nota”, migliorerebbe i conti pubblici perché nel bilancio dello Stato avrebbe segno algebrico positivo, al pari delle entrate fiscali.