La Seconda Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza fa tappa a Napoli e si tratta di un appuntamento senza dubbio importante, per diversi motivi. Il primo: connettere territori e città nel lavoro di promozione sociale e di “educazione civica” per la pace e, in particolare, per la «pace positiva»: pace e giustizia insieme, pace con giustizia sociale, un approccio positivo (costruttivo) alla pace che sfidi la «maledizione del pendolo», né “pacificazione” o “consolazione” per l’assenza di una guerra conclamata o di una violenta escalation, né retorica o declamazione, fatta solo di slogan e parole abusatissime; ma, viceversa, un processo storico e sociale, quindi politico, tutto da costruire, un impegno costante, al tempo stesso, di rigenerazione e trasformazione sociale, l’idea che la pace non può essere disgiunta dalla giustizia sociale e dalla garanzia di «tutti i diritti umani per tutti e per tutte» e che non può essere conseguita nel quadro dominante che il “sistema” ci consegna: capitalismo, imperialismo, militarismo, nazionalismo, etno-centrismo, nella miriade di varianti, vecchie e nuove, nelle quali questi si aggiornano e si ripropongono.

Il secondo: connettere pratiche e movimenti, gruppi ed esperienze per superare, da un lato, divisioni e incrostazioni, spesso, di fronte alla condivisione di pratiche e linguaggi e alla corrispondenza degli obiettivi che si perseguono, residuali o incomprensibili, e soprattutto, dall’altro, per ricostituire quella che, per un certo tempo, si è definita la «massa critica», la capacità di percorrere un terreno unitario, la capacità di aggregare un numero più ampio di forze e di sensibilità, l’ambizione di proiettare lo sforzo verso una mobilitazione e un movimento di massa, capace di parlare il linguaggio dell’impegno per la pace e contro la guerra, per la democrazia più avanzata e contro le ingiustizie, al maggior numero possibile di persone. «Parlare a tutti e a tutte», un antico insegnamento, che non dovremmo dimenticare; anche recuperando la memoria delle esperienze del nostro passato recente, le grandi mobilitazioni contro la guerra e per la pace e le grandi manifestazioni contro la globalizzazione e la devastazione eco-sistemica, per innervare nuovamente il nostro spazio e il nostro tempo di contenuti che, con sempre più urgenza, parlano di un futuro comune.

Il terzo, non meno importante: diffusione e contaminazione di narrazioni di lotta e di resistenza. Quando ho avuto la possibilità di partecipare ai lavori della IV Conferenza Mediterranea a Beirut, nello scorso marzo, è risultato da subito chiaro che il nostro Mediterraneo è uno spazio comune di incontro e di meticciato, senza dubbio, con tutto il portato di memorie pubbliche e narrazioni sociali, di lingue e di culture, di storia e di attraversamenti, che hanno fatto così denso e caratteristico questo spazio geografico e politico; ma è anche un territorio strategico per la lotta per la pace e la giustizia, come, del resto, le cronache, ormai non più solo quelle recenti, non mancano di ricordarci, praticamente ogni giorno. Uno spazio, cioè, in cui la lotta per la auto-determinazione dei popoli, nel rispetto dei principi del diritto e della giustizia internazionale, non smette di esercitare la sua forza; dove la lotta contro ogni forma di ingiustizia e di (vecchia e nuova) oppressione non smette di animare le ragioni delle piazze e delle mobilitazioni; dove la lotta contro la guerra e contro la militarizzazione diventa davvero più urgente che mai, in un’area in cui la presenza e la violenza delle armi, sempre intollerabile, lo è diventata ancora di più. Con giovani e attivisti ci siamo confrontati su questi temi nell’occasione di un recente laboratorio, qui nell’area metropolitana di Napoli, a Torre del Greco, dalle cosiddette “primavere arabe” sino alle più recenti aberrazioni del Piano Trump.

L’occasione del passaggio a Napoli della Seconda Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza ci fornirà dunque l’occasione per tornare a incontrarci (domenica 1 Marzo, l’intera mattinata, al Maschio Angioino) e confrontarci proprio su questi giganteschi (ma così vicini a noi tutti e alla nostra quotidianità) scenari: provando a intrecciare istanze e conflitti, su invito del Festival del Cinema dei Diritti Umani (referente locale della Marcia), con Rafael de la Rubia (ideatore della Marcia) e Deepak Vyas (presidente Global Trust, India), e insieme con i «Fridays For Future» e i «Teachers for Future», l’Atlante dei Conflitti e delle Guerre del Mondo, il Comitato Pace, Disarmo e Smilitarizzazione, l’IPRI – CCP (Istituto Italiano di Ricerca per la Pace – Corpi Civili di Pace). Non a caso, il manifesto della Marcia, tra i suoi obiettivi, non dimentica il nesso tra giustizia e diritti e rivendica la costruzione di una «Carta Democratica della Cittadinanza Globale, che integri la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani» appunto nel senso di «tutti i diritti umani per tutti», diritti civili e politici, diritti economici-sociali e culturali, diritti dei popoli e dell’ambiente. In una realtà così peculiare e vibrante come Napoli, non si tratta dell’unica azione in tal senso: è stato già lanciato il percorso di un’assise unitaria delle realtà pacifiste e antimilitariste della Campania, su iniziativa unitaria del Comitato di lotta per la salute mentale di Napoli; Comitato Pace, Disarmo e Smilitarizzazione del territorio; Campagna «Napoli Città di Pace»; la Rete contro la guerra e il militarismo e lo spazio autogestito «Santa Fede Liberata».