‘Patrick Zaky, cittadino del mondo libero’, un appuntamento per riflettere sullo stato dei diritti umani in Egitto con esponenti della società civile ed esperti.

Ciò che sta subendo Patrick Zaky non è molto diverso da ciò che in Egitto tocca a migliaia di persone: attivisti, giornalisti, avvocati, insegnanti e semplici cittadini dietro le sbarre senza prove. Persino chi si candida alle elezioni viene ammanettato. È democrazia, questa?”. Così alla Dire Kareem Armutidis, intervistato a margine dell’incontro organizzato presso la sede romana dell’agenzia ‘Patrick Zaky, cittadino del mondo libero’.

All’appuntamento hanno partecipato ieri esponenti della società civile ed esperti per riflettere sullo stato dei diritti umani in Egitto. Il punto di partenza è stata la vicenda giudiziaria che sta affrontando Patrick Zaky, studente egiziano e attivista per i diritti di genere di 27 anni, arrestato l’8 febbraio al Cairo, una volta rientrato dall’Italia dove da settembre frequentava un master dell’Università di Bologna.

Armutidis è rifugiato in Europa dal 2015, dopo essere stato incarcerato tre volte e condannato all’ergastolo in Egitto per quelle che oggi definisce “accuse infondate”. La legge sull’anti-terrorismo approvata nel 2015 “dà una definizione così ampia di ‘attività’ terrorista’ da rendere tutti gli attivisti e i difensori dei diritti umani alla stregua di terroristi“, dice ancora Armutidis, che oggi collabora con l’Egyptian Human Rights Forum, rete che raduna rifugiati ed esuli egiziani sparsi tra Europa e Stati Uniti per tenere alta l’attenzione sullo stato dei diritti nel paese arabo.

Del carcere Armutidis ricorda di aver subito “percosse, torture con l’elettroshock, minacce, umiliazioni. Ci tenevano in una grande sala in 170 con un solo bagno. Con noi anche minori, anziani e malati. Per dormire facevamo i turni”. Poi, l’isolamento, e infine “una tortura sofisticata: stare rinchiuso con gli estremisti islamici dell’Isis per patire una sorta di lavaggio del cervello“.

Continua Armutidis: “Pur avendo partecipato alle rivolte anti-governative del 2011, a volte penso che in Egitto si viveva meglio quando c’era Mubarak. Si poteva dibattere di politica, i media facevano il loro lavoro, si manifestava. Certo, non era tutto rose e fiori: gli attivisti venivano arrestati, ma nell’ordine di una decina a corteo. A settembre, dopo nuovi cortei, in due settimane il governo del presidente Al-Sisi ne ha arrestati circa 4mila. Per non parlare della giustizia, che oggi non esiste più: l’Egitto si è trasformato in una gigantesca prigione a cielo aperto”.

Durante l’incontro, interviene Riccardo Noury, portavoce in Italia di Amnesty International: “Il sistema della detenzione preventiva in Egitto è pensato per far sì che ci si dimentichi delle persone che vi sono sottoposte“. Secondo il portavoce, Zaky – incarcerato per alcuni post sui social critici nei confronti del governo – è un “esponente della meglio gioventù egiziana, impegnata contro le discriminazioni e per la difesa delle minoranze, che in Europa voleva perfezionare i suoi studi e i suoi interessi. Queste persone andrebbero cullate come eccellenze, non perseguitate“.

Per Erasmo Palazzotto, a capo della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, “l’Europa sta vivendo una crisi di civiltà“. Nel Mediterraneo “si vivono situazioni drammatiche, sia per le questioni migratorie che per il deterioramento delle libertà civili e dei diritti umani in tutti i paesi dell’area”. Ma sul caso Zaky, come per tutte le altre violazioni, “l’Europa deve intervenire”.

A testimoniare l’affetto per il giovane ricercatore, Chiara Elefante, prorettrice dell’Universita’ di Bologna: “Patrick è nostro studente, nostro compagno, nostro amico, e non lo lasceremo solo. In quanto iscritto a un master riconosciuto e supportato dall’Unione Europea, Patrick è testimone di un’Europa aperta, di quella libera circolazione di persone e pensieri che tanto hanno dato e continuano a dare per la costruzione di una società più equa e umanamente ricca”.

Prestianni (Arci): clima dittatoriale fermare i rimpatri

“Nonostante sia chiaro che l’Egitto stia lentamente scivolando in una deriva dittatoriale, l’Italia continua a espellere cittadini egiziani verso quel paese, in base a un accordo sui rimpatri siglato addirittura nel 2007″: lo ha detto Sara Prestianni, del programma Externalisation policies watch di Arci, durante l’incontro ‘Patrick Zaky cittadino del mondo libero’ ospitato dall’agenzia Dire.

Secondo Prestianni, “è allarmante inoltre che prosegua la cooperazione sul piano della formazione, da parte della nostra polizia, dei militari egiziani nell’Accademia militare del Cairo”. La responsabile di Arci ha sottolineato che l’incontro alla Dire è stato “un momento importante per parlare del caso Patrick, dell’Egitto e delle relazioni bilaterali tra Il Cairo e l’Italia”.