È morta poche ore fa Lina Ben Mhenni.

Se esiste una immagine di una persona che in questi ultimi anni possa meglio rappresentare il coraggio, il senso del servizio, uniti alla tenacia, la forza, e lo spirito di ribellione, senza mai perdere però la dolcezza e la profonda umanità, Lina è la figura che meglio impersona tutto questo in una donna.

Docente universitaria di Linguistica, attivista per i diritti umani che mai ha piegato la testa, instancabile e inarrestabile, blogger e giornalista che denunciava senza paura ogni forma di stortura nel suo Paese, la Tunisia, che amava visceralmente.

Figlia di Sadok Ben Mhenni, militante marxista imprigionato da Habib Bourghiba nel 1974.

Lina era figlia di militanti, venuta dal nulla, si era imposta nelle cronache politiche con i suoi post franchi e diretti senza paura, senza mai compromessi.

La “Rivoluzione della dignità”, così lei chiamava la sua lotta e quella di altre migliaia di tunisini che avevano dato alla luce quella rivoluzione culturale nella Tunisia, che noi occidentali conosciamo meglio come “Rivoluzione dei gelsomini.”

A 28 anni, Lina per le sue lotte era stata candidata al Nobel per la Pace.

A lungo perseguitata e più volte arrestata per le sue idee e iniziative, ma soprattutto perché lo Stato tunisino ne aveva una gran paura.

Sottoposta a stato di fermo e portata negli uffici della polizia tunisina, i poliziotti l’avevano spesso riempita di botte e sottoposta a varie privazioni e violenze nel tentativo di piegarla.

Ma Lina non si è mai piegata una sola volta di fronte a uno Stato violento come lo sono spesso gli Stati, violenti e insensati.

Una ragazza minuta dal fisico fragile, soverchiata quando era in galera da 4, 5, a volte 6 uomini grandi e grossi.

La picchiavano dove sapevano bene di colpirla per arrecarle maggior danno e lasciare meno segni evidenti possibili.

Le sue condizioni di salute già precarie si erano aggravate per i maltrattamenti subiti negli anni dai poliziotti.

Ma lei era incontenibile, con il suo spirito, mai ha indietreggiato, eppure come tutte le persone fatte di carne ossa e sangue, Lina, avrà ben avuto paura in quelle notti buie, in quelle prigioni, di fronte alla violenza brutale quando si fa Stato e al tempo stesso, patriarcato.

Lina era come un fiume in piena che non si poteva arginare se non per dei periodi sottoposta a violenza e reclusione forzata.

Non si fermava di fronte a niente e a nessuno; sue le tante denunce contro i corrotti, suoi gli attacchi contro il fondamentalismo del partito islamico Ennahdha, suo era l’attivismo incessante contro la tortura, che lei conosceva bene per portarne addosso i segni sul suo esile corpo, sua è l’iniziativa diventata uso, della raccolta di libri per far leggere i detenuti nelle carceri.

Lina sognava una Tunisia veramente democratica, aperta, dove venisse dato spazio e importanza alla gioventù e ai giovani, insomma al futuro di un Paese, sognava una Stato laico ed egualitario, dove la religione non si occupasse più di politica.

La sua Rivoluzione dei gelsomini, condotta insieme a molti altri attivisti, per quanto ancora incompleta in tante cose, è riuscita almeno a strappare il bavaglio dalla bocca dei tunisini che vivevano nella paura e che avevano trovato la forza, il coraggio e l’ispirazione, più che con le parole, con l’esempio in vita di Lina.

La salute di Lina a causa dei maltrattamenti subiti si era aggravata, soffriva ai reni, proprio dove i secondini picchiavano più forte…

Aveva fatto un intervento di sostituzione di un rene ricevuto in dono dalla mamma, ma il trapianto non era andato a buon fine.

Gli amici avevano cercato di convincerla a provare una terapia all’estero, ma Lina aveva deciso di restare in Tunisia. Diceva: “Qui tante persone hanno ancora bisogno di me”.

Stanotte Lina a 36 anni se n’è andata.

Sono convinto che Lina non verrà mai scordata, che continuerà a vivere nei sogni di tante persone, negli occhi di tanta gente.