ScienceAlert lo diceva già nel settembre scorso: sta montando una campagna sui social alimentata dai negazionisti del clima. Nemmeno di fronte al disastro ecologico imminente, gli interessi e le lobby si arrendono. Per questo riteniamo importante proporvi l’articolo integrale pubblicato nel settembre scorso da ScienceAlert; da allora la situazione è andata peggiorando.

ScienceAlert lo diceva già nel settembre scorso: sta montando una campagna sui social alimentata dai negazionisti del clima. Nemmeno di fronte al disastro ecologico imminente, gli interessi e le lobby si arrendono. Per questo riteniamo importante proporvi l’articolo integrale pubblicato nel settembre scorso da ScienceAlert; da allora la situazione è andata peggiorando.

Di seguito la traduzione dell’articolo:

«Dobbiamo parlarvi di un fatto senza precedenti successo sulla pagina facebook di ScienceAlert. Come membri dell’iniziativa Covering Climate Now, abbiamo recentemente incrementato le nostre informazioni sul cambiamento climatico. Abbiamo anche orgogliosamente sostenuto lo sciopero globale per il clima del 20 settembre 2019, che ha visto più di quattro milioni di persone manifestare in tutto il mondo chiedendo azioni per il clima, dato che il collasso ambientale sta rapidamente coinvolgendo tutto il nostro piccolo pianeta blu. Non è certo strano che una pubblicazione di notizie scientifiche parli del cambiamento climatico e dei suoi effetti sul pianeta. Ma i commenti che hanno cominciato a sommergere la nostra pagina facebook, quelli sì che erano strani. In seguito, ogni volta che abbiamo pubblicato un articolo sul clima su facebook, con velocità e ferocia spaventosa la sezione dei commenti è diventata un crogiolo di negazionismo climatico.

Ricevevamo centinaia di commenti in brevissimo tempo, in una selvaggia sproporzione con l’abituale arrivo di post e persino con il tempo necessario a leggere l’articolo. Questi dati erano un chiaro segno che non si trattava di un fenomeno di origine umana ma che venivano da una fonte organizzata appositamente.

Dato che la condivisione della scienza climatica continua a crescere nel pubblico, le insidiose lobbies che hanno a lungo finanziato il negazionismo climatico si stavano mobilitando. Il loro obiettivo era erodere il consenso del pubblico nei confronti della scienza climatica. Niente di nuovo sotto il sole.

Ma hanno cominciato ad unirsi su un nuovo campo di battaglia: inquinare le sezioni dei commenti sui social media, far sembrare che persino i lettori di un sito scientifico come il nostro non siano d’accordo con la scienza del clima.

Ecco, adesso ci siamo. Li chiameremo i troll del clima.

Non sappiamo dove questi troll del clima siano appollaiati. Il fatto che usino tutti lo stesso linguaggio e gli stessi argomenti potrebbe indicare che ricevono istruzioni e fondi dalle industrie dei combustibili fossili. Potrebbe.

Ciò che importa è che la nostra pagina facebook è diventata un loro bersaglio e noi stiamo reagendo.

Siamo un piccolo gruppo di persone che lavorano sodo. La nostra dedizione di anni nel condividere le notizie scientifiche con il pubblico ci ha procurato 10 milioni di lettori al mese.

Non permetteremo ai troll del clima di sfruttare la nostra visibilità per divulgare disinformazioni e bugie contro fatti scientifici stabiliti.

… Sono arrivati sulla pagina facebook di ScienceAlert con un unico obiettivo: seminare dissenso, inquinare la conversazione, e far credere che la scienza del cambiamento climatico possa essere messa in dubbio, che sia solo una massiccia cospirazione di “scienziati avidi di denaro” (ci siamo fatti una buona risata a questo punto).

… I troll del clima sanno che la loro forza non è negli argomenti ma nel numero. Appena una talpa è stata eliminata, ne spunta un’altra, magari la stessa persona che usa un secondo account, e che si lamenta di essere stata bandita perché “non è d’accordo con ScienceAlert”.

Non abbiamo nessun obbligo di tollerare questo comportamento. Anzi, vorremmo sollecitare altri media a non tollerarlo. Negli ultimi tempi su facebook le sezioni dei commenti di articoli di informazione sul clima sono diventate campi di battaglia, con lo scopo di far perdere tempo prezioso che potrebbe invece essere usato per azioni significative.

I media hanno prima di tutto il dovere di mantenere la conversazione focalizzata sui fatti, e questo include anche la sezione commenti».

L’articolo originale può essere letto qui