“Non siate indifferenti alle sofferenze del popolo iraniano: dategli voce, non dimenticate le vittime tra i manifestanti degli ultimi giorni”.

Questo l’appello di Shirin Ebadi, avvocato difensore per i diritti umani e Premio Nobel per la Pace. All’agenzia Dire, che l’ha intervistata a margine di un incontro a Roma, Ebadi ha detto: “In Iran le proteste sono scoppiate dopo che le autorità, in una notte, hanno triplicato il prezzo della benzina.

Il regime ha oscurato internet per giorni affinché la voce dei cittadini non uscisse dal Paese e non si sapesse che oltre 200 persone erano state uccise nella repressione e che, sempre secondo i nostri dati, oltre 4mila manifestanti erano stati arrestati. Non dimenticateli”.

A chi le domandava se consideri il presidente Hassan Rouhani un moderato, così come parte della comunità internazionale riconosce, la Premio Nobel ha risposto: “Rouhani è lo stesso che in questi giorni ha ordinato alla polizia di sparare contro i manifestanti. In Iran non voto da anni, perché so che le elezioni non sono libere; ad ogni modo non ho mai sostenuto Rouhani perché è’ stato a capo del Consiglio di sicurezza nazionale”. Questo organismo, secondo Ebadi, ha avuto un ruolo diretto nelle persecuzioni a danno dei cittadini. “Quando mi chiedono cosa la comunità internazionale può fare per aiutare l’Iran, dico: smettete di sostenere i dittatori e ricordate i nomi di chi e stato ucciso, anche recentemente, per difendere la libertà. Bisogna mantenere il loro ricordo”.

Ebadi ha pagato caro l’aver difeso i diritti umani e civili dopo che, nel 1979, a Teheran si è affermata la Repubblica islamica. Obbligo di velo per tutte le donne, che con l’imposizione della legge islamica hanno visto perduti anche diritti acquisiti, ha ricordato la Premio Nobel, “come avere un conto in banca o avere pari peso legale rispetto a quello di un uomo davanti alla legge”.

Ebadi, che era un avvocato affermato, ha dovuto lasciare l’Iran dopo aver subito il blocco dei beni e l’interdizione a praticare la professione. Il marito e la sorella sono stati incarcerati al suo posto. Ebadi ha così cresciuto le due figlie all’estero, da dove però non ha smesso di lavorare per il bene del suo Paese: “Più volte l’intelligence iraniana mi ha contattato dicendomi che, se avessi interrotto il mio lavoro, mi avrebbero restituito i miei averi e avrebbero liberato i miei cari, ma io sono convinta che se un popolo non paga il prezzo della propria democrazia, non sara’ mai libero”.

Rispetto alla storia recente del suo Paese e ai 40 anni di repubblica islamica, Ebadi ha detto: “Noi musulmani vogliamo il cambiamento e questo sarà possibile solo quando la religione sarà separata dallo Stato. Noi vogliamo uno Stato laico come il vostro. Abbiamo 5mila anni di storia alle spalle: sono certa che un giorno succederà”.

La Premio Nobel è stata ospite di un incontro con gli studenti delle scuole superiori organizzato a Roma al Teatro Quirino  all’Associazione nazionale volontarie Telefono Rosa – Onlus in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Durante il dibattito è stato menzionato l’ultimo libro in cui Ebadi racconta la sua vita e il suo impegno: ‘Finché non saremo liberi. Iran, la mia lotta per i diritti umani’, in Italia edito dalla Casa editrice Bompiani.