Giovedì 28 novembre, Milano:  devo attraversare la città in bicicletta, 10 km per arrivare dalla periferia sud fino a Niguarda a trovare una persona cara che ha avuto ustioni gravi. Corro, sono un po’ in ritardo.

Passo vicino a Garibaldi, sento cori, vedo bandiere, nei pressi 4 camionette della polizia, come sempre mi succede in queste occasioni la curiosità è tanta, vado lì e cerco di capire. Gridano forte, non sono molti. Ma gridano tutti e tutte, seguendo due che animano, uno col megafono, l’altro col tamburo.

Leggo i cartelli, ce l’hanno con UNICREDIT, con un qualche personaggio che sta in Francia. “SE C’E’ BISOGNO VERREMO ANCHE IN FRANCIA”, leggo. “IL SUD NON E’ SOLO CAMORRA, MA SE CI TOGLIETE IL LAVORO, COSA RIMANE?” Vengono da Torre del Greco, Ercolano. Non capisco perché hanno delle bandiere dei “marittimi”, mi avvicino, chiedo timidamente di cosa si tratta. Subito un uomo inizia a spiegarmi, altri si avvicinano. Capisco una cosa semplicissima: credo di essere il primo in assoluto che si è avvicinato a chiedere informazioni. Sono soli! Non c’è una telecamera, un giornalista, nessuno, intorno a loro. Mi spiega in tono concitato che sono arrivati da Napoli, Ercolano, che sono in alcune migliaia a rischiare il posto di lavoro. Ci sono mogli e figli con loro, sono un gruppo di 200 persone che stamattina all’alba ha preso il treno e alle 15 riparte, è la seconda volta in un mese che vengono a Milano. Chiedo: “Ma l’avete detto agli organi di informazione?” Mi rispondono: “Certo…. Noi abbiamo avvisato la Prefettura!” Spiego loro che gli organi di informazione o li avvisi e magari li tampini direttamente o non viene nessuno. Chiedo se la volta scorsa dopo che hanno fatto la stessa azione qualcosa è uscito sui media: “NULLA!” mi dicono.

Telefono subito a Radio Onda d’Urto, tra loro si avvicina Vincenzo, fanno parlare lui. Lo intervistano alla radio. Tutti sussurrano: “Una radio, una radio, shh, shh…” Dico che si allontani qualche metro, ma che continuino a gridare, ci sta bene un sottofondo così, fa capire che sono proprio arrabbiati. Vincenzo parla, parla, come se bevesse a una fontanella dopo ore nel deserto. Non mi ridà più il telefono, io devo correre a Niguarda! Gli altri mi ringraziano. Chiude la telefonata.

Gli dico di aspettare un attimo, provo a chiamare Radio Popolare “Questa è più grossa” gli dico. Chiamo, dico che sono un ascoltatore da 30 anni (è vero), spiego in due parole la situazione, mi dicono “Va bene”. Si, però questa volta li faccio richiamare. Passo il numero a Vincenzo, ci scambiamo i nostri numeri e scappo in bicicletta. A sera ascolto in differita i due collegamenti per radio.

Ho detto a Vincenzo: “La prossima volta organizziamoci insieme meglio, vi do una mano”: Milano sa essere più accogliente.

Inforco la bici e corro a Niguarda, adesso sono davvero in ritardo! Allontanandomi guardo quel grattacielo con scritto Unicredit; per quello sono venuti fino a qua, per gridare come delle formiche sotto un gigante pazzesco. Probabilmente non l’hanno neppure sfiorato. La sproporzione è evidente, come quella tra i pochi ricchi e la gente sempre più presa per il collo. Coraggio Vincenzo, tenete duro e tornate, la prossima volta andrà meglio,  tornate, coraggio.

P.S. Di sera cerco informazioni: certo il loro datore di lavoro, Vincenzo Onorato, non è certo né uno “stinco di santo” né un “bravo imprenditore”… I lavoratori mi sembrano presi tra due fuochi. Che facciano attenzione. Lottare significa prima di tutto decidere con la propria testa, in autonomia e manifestare sotto le banche in credito col padrone,  va bene, ma forse anche sotto gli uffici del padrone…

P.P.S. A noi dico: benedetti i mezzi di informazione vicini (quella che una volta, 50 anni fa, si chiamava “controinformazione”)…. Radio Onda d’Urto, Radio Popolare, Pressenza…

Intervista con Radio Onda d’Urto: https://www.radiondadurto.org/2019/11/28/moby-presidio-dei-lavoratori-marittimi-contro-unicredit/