Lunione falla forse è l’ultimo docufilm di Fabio Leli dedicato al tema dell’omofobia. Un modo ironico di affrontare un tema di violenza che genera conflitti e sofferenza.

Fabio, come nasce l’idea del film?

L’idea nasce durante la discussione della legge sulle unioni civili; io ignoravo completamente questi movimenti Pro Life, Pro Family tradizionale, anti-lgbt eccetera; quando li ho conosciuti mi hanno spaventato molto;  io sono esterno all’attivismo lgbt, personalmente sono etero quindi il tema non mi coinvolge personalmente ma sono sempre stato favorevole ai diritti delle persone, di qualunque persona. Credo che sia importante parlarne anche se non ci riguardano personalmente.

I personaggi di questi movimenti  mi hanno spaventato ma anche incuriosito a livello drammaturgico e ho deciso di approfondirne la natura.

Quindi ho studiato il loro modo di fare loro modo di comunicare per un anno e poi ho deciso di che si poteva raccontare qualcosa ascoltando questa loro follia.  Secondo me poteva essere un’arma per combatterli perché stanno provocando molti danni. Credo di aver avuto ragione perché fino a qualche mese fa gli esponenti di questi movimenti erano al governo, il ministro Fontana, lo stesso senatore Pillon che è ancora lì. Diciamo che purtroppo ci avevo visto giusto.

Tu hai più volte presentato il film come “il primo film contro l’omofobia che fa parlare gli omofobi” spiegaci questa idea.

Sì, questa è l’idea principale del film, far parlar solo loro perché dall’altra parte ci sono queste famiglie con cui non interagisco: vediamo  loro vita, la loro quotidianità che scorre così, in modo molto tranquillo. Dall’altra parte ci sono questi omofobi che esprimono le loro teorie (che definirle idee mi sembra un po’ troppo) su vari temi (il film è diviso a tematiche, ogni capitolo ha la sua tematica) e da una parte ci sono le famiglie che affrontano questa tematica e dall’altra gli omofobi che parlano del tema. E’ il primo film contro l’omofobia che fa parlare solo gli omofobi; prima di intraprendere questo progetto mi sono visto già le cose che erano state fatte, i progetti cinematografici contro l’omofobia erano a senso unico nel senso che c’erano le vittime di omofobia o comunque si raccontava la storia d’amore omosessuale;  secondo me è inutile perché penso che come si innamorano, come si baciano e come si conoscono due omosessuali non è molto diverso da come lo fanno due eterosessuali quindi mi sembrava inutile raccontare questo aspetto. Cosìi ho fatto parlare solo loro perché dall’altra parte avevo delle immagini molto forti a cui non servivano parole, ecco.

Come stanno andando le proiezioni, qual è la reazione delle persone?

Molto bene! Le sale sono quasi sempre piene e quindi a livello numerico molto bene. Rispetto alle reazioni dipende:  ci sono reazioni a volte contrastanti; la maggior parte delle reazioni sono comunque di curiosità su quello che volevo dire, sul modo provocatorio di affrontare il tema.  Nel senso che comunque dare voce solo a questi qui in alcune persone provoca troppa rabbia, anche quella va gestita. Il lavoro ironico viene apprezzato dalla maggior parte del pubblico però ci sono casi in cui magari questo crea un po’ di disagio.

Ovviamente poi dall’altra parte a queste famiglie arriva la totale approvazione;  credo sia questa una cosa importante, tra le due parti quella vincente è assolutamente quella delle famiglie arcobaleno. 

La tua narrazione lavora sull’ironia e sulla tenerezza. Qual è la forza di questi due aspetti?

L’ironia e la tenerezza sono in contrasto alle due parti. Nel senso che l’ironia, più che altro la satira e sarcasmo sono cose che si sono un po’ perse in Italia negli ultimi anni forse dai tempi di Guzzanti. Insomma è un arma molto importante da poter usare per riuscire a scardinare l’odio di queste persone, smontare questo con con l’ironia, la satira e sarcasmo secondo me è molto efficace; anche perché magari non se ne accorgono ma sono molto ridicoli, forse qualcuno se ne accorge. Nel film c’è quotidianità, naturalezza più che tenerezza: quello che accade in tutte le famiglie del mondo accade anche nelle famiglie del nostro film quindi anche dalle persone esterne possono immedesimarsi e questo avviene molto dopo le proiezioni:  confrontarsi su questo punto nel senso di comprendere che non c’è nessun problema, sono famiglie come tutte le altre. Credo sia un aspetto molto importante.

Il docufilm vuole dare un contributo forte contro l’omofobia, un grido d’allarme contro il fanatismo e la violenza: puoi approfondire?

Sì è un grido di allarme perché, come ti dicevo prima, quando è uscito il al governo c’era la Lega di cui fanno parte  esponenti di spicco di questi movimenti: Fontana, Pillon, Bussetti tutti personaggi che fanno capo a Gandolfini che ha stretto un rapporto molto forte rapporto con la Lega,  a parte quello di Adinolfi che va da solo però gli altri sono tutti con la Lega quindi dato il consenso elettorale che questo partito sta prendendo credo che l’allarme sia giustificato. 

Il motivo principale per cui è stato fatto il film  è quello di arruolare nuove leve in questa lotta, informare chi come me non era a conoscenza di questi movimenti omofobi e del potere che stanno prendendo; molte persone non lo sanno. Un grido di allarme e bisogno di attivismo anche e soprattutto a livello politico;  basti pensare al manifesto firmato da Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega alle ultime elezioni regionali proposto da Gandolfini; un manifesto a favore della famiglia tradizionale e contro la lotta all’omofobia in cui si promette l’abrogazione della legge contro l’omofobia approvato in Umbria allo scorso anno, l’abolizione di qualsiasi progetto educativo contro il bullismo omofobico e di eliminare l’educazione sessuale nelle scuole. Questo manifesto impegna attivamente la presidente della regione ormai in carica a cancellare tutti i progetti scolastici contro l’omofobia.

In conclusione il film vuol far prendere coscienza e arruolare chi vuol partecipare a questa battaglia di civiltà.